Ipazia di Alessandria

 

La città che restò a lungo il centro di studi più attivo del mondo antico è sicuramente Alessandria d’Egitto; infatti, era popolata dai più prestigiosi letterati e scienziati del periodo.
Tra questi va ricordato Teone, che tra le altre cose, curò nel 365, una famosa edizione degli Elementi di Euclide e un Commento ad Euclide.
Ma più che per le sue opere, la sua fama è legata al fatto che fu il papà dell’unica matematica dell’antichità: Ipazia.
Ella crebbe in ambiante scientifico fin da giovanissima, collaborando con il padre in alcuni suoi testi, come quando Teone calcolò l’eclissi solare del 15 giugno 364 e quella lunare dello stesso anno; ma presto divenne più brava del padre sia in astronomia che in matematica.
Proprio per questo all’età di 30 anni Ipazia fu messa a capo della scuola di Alessandria, a sostituzioni del padre, richiamando, per la sua fama, molti studenti stranieri.
Purtroppo nessuna delle sue opere è giunta a noi, ma ci sono tante testimonianze che attestano il suo valore scientifico, che circolava in tutti gli ambienti scientifici del Mediterraneo.
Una di queste è arrivata a noi tramite gli scritti di un suo allievo, Sinesio, il quale parla anche di strumenti astronomici fatti costruire dalla sua maestra per verificare i risultati di Tolomeo.
É da lui che sappiamo che il pensiero di Ipazia fu influenzato principalmente dai suoi maestri Porfirio e Giamblico, e dal neoplatonico Plotino deducendone che, come si direbbe oggi, la sua filosofia fosse di forte stampo razionalista.
A testimonianza della sua grande fama, abbiamo a disposizione testi di studenti e docenti di Alessandria, che cent’anni dopo la sua morte ancora ne parlavano; per esempio Damascio alla fine del V secolo racconta: “ Ipazia di natura più nobile del padre, non si accontentò del sapere che viene attraverso le scienze matematiche a cui era stata introdotta da lui ma, non senza altezza d’animo, si dedicò anche alle altre scienze filosofiche. La donna, gettandosi addosso il mantello e uscendo in mezzo alla città, spiegava pubblicamente a chiunque volesse ascoltarla Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altro filosofo.”

 

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