I dieci simboli


 img.IdieciSimoliIl sistema numerico che usiamo oggi, quello che conosciamo con il nome “indo-arabico”, è nato in India e sembra sia stato completato intorno al 700 d.C. . I matematici indiani, anche se motivati dall’interesse per l’astronomia, fecero diversi progressi nelle discipline che oggi identifichiamo con il nome di aritmetica, algebra e geometria.

Il sistema, da loro ideato, si basa su tre idee chiave: le notazioni per le cifre, il valore posizionale e lo zero.
La scelta di utilizzare dieci simboli numerici di base, è probabilmente una diretta conseguenza dell’abitudine di contare con le dita, ma quando si arriva a dieci, dobbiamo trovare un modo per ricominciare da capo senza perdere il conto.
Il ruolo giocato dal conteggio delle dita nello sviluppo dei primi sistemi numerici spiegherebbe l’uso, in inglese, del termine “digit” per indicare le dieci cifre: questa parola, infatti, deriva dal latino, che significa, appunto, “dito”.
Dopo aver deciso la quantità delle cifre fondamentali da utilizzare, si passò ad analizzare la scelta della loro rappresentazione.

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Si può pensare che tali simboli, che utilizziamo ancora oggi, siano stati scelti considerando che, se li tracciamo usando delle linee rette, il numero di angoli in ogni figura corrisponde al numero da essa rappresentato.

Il vantaggio principale del sistema numerico indiano è che si tratta di un sistema posizionale: il valore di un numero si basa cioè sulla posizione occupata da ciascuna cifra. Questo ci consente di addizionare, sottrarre, moltiplicare e dividere i numeri usando regole, facili da apprendere, per manipolare i simboli.
Tuttavia, per avere un sistema numerico posizionale efficiente dobbiamo essere in grado di mostrare quando una particolare posizione non è occupata da nulla. Da qui l’introduzione di un simbolo specifico per indicare uno spazio privo di valori: lo zero.
Il concetto di zero, però, richiese molto tempo prima di essere accettato.
Dato che i simboli dei numeri erano visti come delle cose usate per contare il numero di oggetti in un insieme, il simbolo 0 doveva essere il numero di oggetti in un insieme privo di elementi, il che non aveva senso.
Gli indiani giunsero allo zero in due tappe. Dapprima superarono il problema di denotare gli spazi vuoti nella notazione posizionale tracciando un cerchio attorno allo spazio che non conteneva valori, traguardo a cui erano arrivati anche i babilonesi.
Il secondo passo, il più importante, fu quello di considerare quel simbolo aggiuntivo esattamente come gli altri nove.
Tale novità comportò un cambiamento radicale nella concezione fondamentale dell’aritmetica, secondo il quale le regole non operavano più sui numeri stessi, da cui lo zero era escluso, bensì sui simboli dei numeri, che includevano lo zero.
La rivoluzione dello zero fu opera di un grande matematico indiano, Brahmagupta.

 

 

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