Giuseppe Peano
Un dominatore degli ambienti culturali della fine del 1800 è sicuramente il matematico Giuseppe Peano.
Nacque a Spinetta, vicino Cuneo, nel 1858 e visse sempre in Piemonte, morendo nel 1932 a Torino.
I campi in cui si distinse maggiormente furono: analisi matematica, logica, geometria, meccanica e fondamenti della matematica; inoltre inventò un lingua, il latino sine flexione, cercando di imporla, senza troppa fortuna, alla comunità scientifica dell’epoca.
Peano studiò presso l’università di Torino e nel 1890, a 32 anni, vinse la cattedra di calcolo infinitesimale; ma invece di insegnare il calcolo ai suoi allievi, insegnava la logica e sia per questo che per il fatto che non amava fare esami, da lì a poco, fu allontanato dall’insegnamento.
Pubblicò molti suoi lavori con diverse case editrici, ma seccato dai troppi errori di stampa degli editori, organizzò a Cavoretto una tipografia per conto proprio.
Tra i suoi studi più affascinanti c’è sicuramente la curva che porta il suo nome; tale curva fu rivoluzionaria in quanto dimostrava che la definizione allora universalmente accettata di curva espressa in forma parametrica era scorretta e che era possibile dare una definizione di curva che, al suo limite, riempie una superficie, fornendo uno dei primi esempi di frattali.
Un altro suo importante lavoro è il Formulario mathematico, un vero e proprio compendio di matematica che parte dal linguaggio naturale, lo formalizza, fonda assiomaticamente i numeri naturali, l’aritmetica, e serve dunque da base per tutte le matematiche.
Grazie al suo famoso sistema degli “Assiomi di Peano” fu lodato non solo dai matematici, ma anche dal mondo della filosofia sempre più razionalista, che riconobbe il maggior contributo nella creazione di un simbolismo efficace della logica matematica.
Peano si dedicò anche ad altro: fondò la “Rivista di matematica”, partecipò attivamente al dibattito sulla formazione degli insegnanti, fu Cavaliere e Ufficiale della Corona; a lui sono dedicati il dipartimento di matematica di Torino, un asteroide e vari licei.
Mi piace terminare con una sua frase, relativa all’insegnamento, abbastanza forte ma sempre attuale:
“L’insegnante di buona volontà potrà combinare problemi simili e migliori dei precedenti, onde rendere attraente lo studio. La differenza tra noi e gli allievi affidati alle nostre cure sta solo in ciò, che noi abbiamo percorso un più lungo tratto della parabola della vita. Se gli allievi non capiscono, il torto è dell’insegnante che non sa spiegare. Né vale addossare la responsabilità alle scuole inferiori. Dobbiamo prendere gli allievi così come sono, richiamare ciò che essi hanno dimenticato, o studiato sotto altra nomenclatura. Se l’insegnante tormenta i suoi alunni, e invece di cattivarsi il loro amore, eccita odio contro sé e la scienza che insegna, non solo il suo insegnamento sarà negativo, ma il dover convivere con tanti piccoli nemici sarà per lui un continuo tormento.”