π… e le sue particolari approssimazioni
Déi (33), occhi (2), elefanti (8), serpenti (8), fuochi (3) qualità (3), veda (4), naksatra (27), elefanti (8) e braccia (2):
il saggio dice che questa è la misura della circonferenza quando il diametro di un cerchio è 900 000 000 000
Questa particolare dicitura, che mette insieme animali e numeri, è la traduzione di una poesia dedicata al π, scritta intorno al 1400 dal più grande matematico e astronomo indiano medievale, Madhava di Sangamagrama.
I diversi elementi considerati sono simboli numerici, che venivano rappresentati con piccole immagini e letti a ritroso, rappresentano il numero 282743388233 che diviso per 900 miliardi dà
3,1415926533592222…
Quest’ultimo valore si avvicina al valore del π che conosciamo:
3,141592653589793…
Come si può notare, i due valori concordano fino a 11 cifre dopo la virgola e, in quell’epoca, era una delle migliori approssimazioni conosciute.
Tale risultato rappresenta solo uno dei tanti attribuiti a Madhava; il risultato più interessante fu quello di introdurre le serie infinite, compiendo così i primi passi verso l’analisi matematica. Scoprì quella che in Occidente, circa duecento anni dopo, nel 1671, fu individuata da James Gregory e nota appunto come serie di Gregory per la funzione arcotangente.
Della vita di Madhava non si sa molto; con sicurezza sappiamo che la sua città di provenienza si trovava nello stato del Kerala, sulla costa occidentale dell’India tra il Mar Arabico e i monti Ghati.
È interessante chiedersi se le opere di Madhava possano essere arrivate indirettamente fino in Europa. Alcuni storici fanno notare come il Kerala fosse un famoso centro commerciale dell’epoca e quindi possibile luogo di scambio culturale tra l’Oriente e l’Occidente.
Tuttavia, leggendo le opere di Madhava, si evince con chiarezza che il matematico indiano abbia sviluppato alcune nozioni di calcolo infinitesimale molto prima di Newton, come la derivazione e l’integrazione intesa come area sotto una curva.